lunedì 10 ottobre 2011

MONTE BIANCO... Il sogno a metà




PROLOGO:

Lo sferracchiare del trenino che si inerpica sull'irto
pendio, produce un rumore insolitamente piacevole.
All'interno, zaini stracolmi, piccozze, ramponi, corde
e tanta euforia. Unica Fermata "Nid D'Aigle" (2372 m).
Un'ultima galeria e il trenino si ferma. Capolinea: si scende.

Un'ondata di persone si riversa fuori con movimenti
frenetici, sorrisi allegrie sguardi che vagano a 360° e
si soffermano in alto laddove il Col Du Dome
e la parete rocciosa del Gouter, incutono paura ed
eccitazione. Nei volti degli alpinisti si alternano emozione,
paura, frenesia, speranza e determinazione.




I movimenti diventano automatici, i pesanti zaini
vengono sistemati sulle spalle e le gambe iniziano a
muoversi involontariamente come se percepissero un
invisibile ed irresistibile segnale. E' ora di andare!!!
Incontro alla montagna...incontro al proprio destino.


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Son passati più di due mesi da quando abbiamo
tentato l'ascesa al Monte Bianco. La delusione e la
rabbia si sono un pò assopite e mi sento nelle condizioni
di raccontare la nostra grande avventura, la nostra
grande impresa perchè di questo si è trattato, di una
grande impresa anche se incompleta.
Io, Max, Domenico (il biondo) e Peppe Romeo:
gli "irriducibili", i superstiti di un gruppo più numeroso
che poi si è perso strada facendo. Il "nocciolo duro" se cosi
si può dire, perchè poi "duri" bisogna esserlo davvero e
anche determinati con i fatti più che con le parole.


IL MONTE BIANCO!!!
Un anno di pensieri. Un anno di passione. Un anno
di preparazione, ormai un chiodo fisso. La grande
attesa, i giorni che si susseguono ai giorni, le uscite
sulla neve e sul ghiaccio per preparare il fisico e la mente.
L'ultimo periodo inchiodati sempre davanti al pc a
controllare le previsioni meteo, alla ricerca di quel periodo
di alta pressione che ci consentirebbe di trovare 3 o 4 giorni
di tempo stabile. Sembra che il tempo sia contro di noi.


E' dal 20 di luglio che giorno dopo giorno le
previsioni cambiano, intanto l'ansia aumenta e con
essa il nervosismo e la frenesia. Eppure io continuo
ad essere ottimista. Sento che alla fine ce la faremo.
Non so perchè ma sono convinto che al mio 1° tentativo
riuscirò a salire sul tetto D'Europa. Arriviamo ai primi
d'agosto, ormai non c'è più tempo, dobbiamo fissare una
data. Un'ultima occhiata alle previsioni e si
decide: tenteremo il 5 e 6 agosto. Con l'opzione di fermarci
1 giorno in più in caso di maltempo. Le jeux soint fait, rien ne
va plus, come dicono alla roulette. Siamo Operativi.


5 AGOSTO

La mattina ci svegliamo presto nell'hotel a Les Houches
dopo un viaggio in furgone di oltre 1000 km.
Max e Peppe sono stanchi morti per aver viaggiato
tutta la scorsa notte (io ero a Brescia e mi hanno
preso sul posto). Il biondo ci ha raggiunti alle 00,30
dopo un viaggio che è quasi un'odissea fra aereo, bus
e taxi. Ma la sua voglia di fare questa avventura è
tanta, cosi come tanta è la gioia mia, di Max e di
Peppe, per il suo arrivo in extremis.


Facciamo la colazione e via di corsa a prendere
la funivia e poi il trenino che ci porta al "Nid D'Aigle".
Qualche foto e iniziamo a salire. L'obiettivo di oggi è
arrivare al rifugio "GOUTER" (3800 m).
Gli zaini sono pesantissimi ma avanziamo di gran
lena, carichi decisi e smaniosi.
Lungo il sentiero che porta al rifugio "Tete Rousse"
(3167 m), facciamo piacevoli incontri: un gruppo di
caprioli pascolano liberamente incuranti e per niente
infastiditi dalla nostra presenza. Un paio di click
fotografici e di nuovo in cammino consapevoli che
la strada è lunga e faticosa.


Ancora non ci posso credere. Non mi rendo conto
completamente di essere qua. Sto salendo il Monte
Bianco. Il sogno di un anno intero. Nei visi dei miei
compagni leggo le stesse emozioni anche se per loro
non è la prima volta. Vedo Max agguerrito. E' il suo 3°
tentativo dopo i due falliti degli anni scorsi. La lunga
preparazione fatta assieme ci ha temprati, siamo
determinati, convinti che questa è la volta buona.


Al "Tete Rousse" incontriamo la prima neve.
Facciamo una sosta per riposarci e rifocillarci.
Mentre mandiamo giù un panino, il mio sguardo
va alla parete del Gouter con il rifugio che da quaggiù
sembra un austero guardiano. La parete incute paura,
il passaggio del "Grand Coloir" mette apprensione.
Questa è la parte più pericolosa della "Via Francese
Del Gouter". Qua in passato molti alpinisti hanno
perso la vita.











Un'ultima sistemata agli zaini e si riparte.
Il cielo è sempre grigio ma non fa freddo.
Intanto la nebbia si è un pò diradata e si può
spaziare con lo sguardo. L'appuntita cima dell'"Aguille
Du Midi", spunta da una spessa coltre di nuvole
in tutta la sua imponenza. Prima del "Grand Coloir" ci
leghiamo in due cordate: Io e Max, Peppe e il biondo.
Aspettiamo che alcuni alpinisti prima di noi passino, e
poi ci avviamo ad attraversare il pericoloso canalone.
Coi sensi all'erta e con lo sguardo in su, pronti a
cogliere il più piccolo movimento, lo attraversiamo
di corsa prima noi e dopo l'altra cordata.Per fortuna
tutto a posto, non ci sono cadute di pietre.Questo è un
canale che scarica sempre, ma con le dovute cautele lo
si può attraversare in sicurezza. Anzi devo dire che me lo
immaginavo diverso, più duro. Comunque meglio cosi.










Dopo il " Grand Coloir" inizia la vera e propria
scalata alla parete del Gouter.
I primi tratti ripidi sono attrezzati con un cavo
d'acciaio e ciò facilita l'arrampicata
perchè ci possiamo allongiare in sicurezza.
Saliamo, saliamo e ancora saliamo, questa
parete sembra non finire mai.


Il rifugio lassù, ogni volta che lo guardo sembra
essere sempre allo stesso punto,sembra quasi
allontanarsi. Intanto la stanchezza inizia a farsi
sentire e i muscoli indolenziti, protestano
fortemente. Ma la concentrazione rimane alta
e continuamo a inerpicarci incuranti della fatica
e dei dolori.















Roccia dopo roccia, metro dopo metro attacchiamo
questa parete alta 600 msapendo che al rifugio
potremo riposare e dormire un paio d'ore prima di
ripartire, questa notte, per tentare di raggiungere
la vetta. Finalmente dopo un tempo indefinibile,
compare davanti a noi l'ombra del rifugio. Superiamo
le poche decine di metri che ci separano e lo raggiungiamo.
La gioia è tanta, quasi non sento più la fatica.
Il primo obiettivo è stato raggiunto.





Finalmente possiamo riposare. Al Gouter c'è
un pò di confusione. Non abbiamo prenotato ma
riusciamo ad avere comunque un posto letto. Ci
sistemiamo e ci chiamano subito per la cena. Un
pasto caldo (discutibilmente buono, anzi tutt'altro) e
si va a dormire, fra un paio d'ore ci dovremo alzare
per affrontare l'ultima tappa...la più importante.


Mi infilo nelle coperte, tutto imbacuccato perchè
fa freddo e mi addormento subito. Mi sveglio per
andare al bagno, l'orologio segna le 22,30. Insonnolito
ed indrizzito esco dato che i bagni del rifugio sono
all' esterno. Fuori fa un freddo cane, uno strato di neve
ghiacciata copre il terreno e nevica di brutto.
Mi prende lo sconforto, questa non ci voleva.
Comunque rientro nella stanza mi metto di nuovo a
letto e mi riaddormento.


6 AGOSTO

Alle 01,45 suona la sveglia. Il rifugio prende
vita, tutti gli alpinisti sono all'erta,
qualcuno è gia mezzo pronto per uscire segno
che l'ansia e l'attesa hanno avuto la meglio sul sonno.
Facciamo colazione e subito di corsa a prepararci, ma
tra una cosa e l'altra quando usciamo dal rifugio
siamo una delle ultime cordate.


Sono le 3,00 e iniziamo a caminare sulla cresta
del colle del Gouter. Un vento gelido ci accoglie
appena mettiamo piede sul sentiero, ma , miracolo, il
cielo è sereno pieno di stelle e ci fa ben sperare.
Lo scenario che si presenta ai miei occhi, stanotte, è
semplicemente fantastico. L'immenso bianco del
ghiacciaio, spezza il buio della notte. Davanti a noi, le
luci delle cordate che ci precedono, sembrano tanti
puntini luminosi che brillano nella neve. Il loro lento
avanzare crea un'indistinta scia luccicante che
perfora la profonda oscurità.


Sotto di noi, la vallata di Chamonix è uno
spettacolo strabiliante. Le sue rosse luci ci ricordano
che laggiù c'è vita, che non siamo soli. Stanotte mi sento
strano, mi sento felice ma nello stesso tempo inquieto.
Provo delle sensazioni che non riesco a definire.
Mentre cammino quasi automaticamente su questo
sentiero che sembra non finire mai, penso a tutto e a niente.
I pensieri mi sfuggono, le emozioni si alternano e dentro di
me avverto una percezione quasi surreale, una sorta di
alienazione, come se il mio spirito volesse staccarsi dal
corpo e fondersi con la montagna tramite una magica
e fantastica simbiosi.


Alle 4,00 il tempo cambia. Una nebbia fitta ci
avvolge e un vento furioso ci investe, alzando con le
sue folate, cumuli di nevischio che sferzano i nostri
visi e rendono faticoso tenere gli occhi aperti. Stiamo
salendo il "Col Du Dome", il sentiero si inerpica su
questo irto pendioche sembra interminabile. Una
pendenza molto forte che mette a dura prova i nostri fisici.


Davanti a noi c'è il nulla. Tra il vento, il nevischio
e la nebbia si vede pochissimo e si riesce a fatica
a stare dietro alle cordate che appaiono ai nostri
occhi come delle forme luminose che procedendo
a zig zag, scompaiono nella notte. Continuamo a
salire faticosamente, questa lunga salita ci mette
a dura prova e sicuramente le condizioni avverse
non ci aiutano a livello psicologico.


Dopo un tempo che sembra un'eternità,
raggiungiamo la cresta. Da qui discendiamo
un pianoro che abbassandosi un pò di quota, ci
permette diriprenderci un pò. Una piccola sosta
per mandar giù qualcosa di caldo e riprendiamo il
cammino. Percorriamo alcune centinaia di metri e
il sentiero inizia di nuovo a salire.


Nel frattempo la nebbia si dirada per qualche
minuto e cosi possiamo finalmente scorgere
qualcosa. Davanti a noi si erge il colle sulla cui
sommità, a quota 4400 m, sorge la "Capanna Vallot",
l'ultimo baluardo posto come estremoriparo in caso
di necessità. Alla nostra sinistra un pallido chiarore
lacera il buio della notte. Una striminzita alba segna
la nascita di un nuovo giorno e ci conferma quello
che ormai in cuor nostro assume sempre più
certezza: Non riusciremo a fare la vetta.


Il tempo di scattare due foto e tutto per incanto
sparisce inghiottito dalla nebbia e ci ritroviamo
di nuovo nel nulla. Allora ripartiamo. Io nutro ancora
speranze... non mi voglio arrendere... ho voglia di
lottare...ho voglia di andare avanti...ho voglia di
salire in cima.


In tempo breve superiamo il dislivello e
arriviamo alla capanna. Siamo a quota
4400 m, 400 m ci separano dal sogno.
Dentro la capanna ci sono tante
cordate, altre ne arrivano, altre ancora
che prima di noi avevano continuato a
salire, ridiscendono indrizziti dal freddo e
interamente ricoperti di neve.


Nella capanna uno strano torpore sembra
avvolgere il tutto. Mente quasi tutte le cordate
prendono la via del ritorno, noi rimaniamo lì.
In tanti occhi ho letto la rinuncia, la sconfitta.
Guardo Massimo. E' seduto con la testa fra le
mani e sembra fissare ai suoi piedi un qualcosa
che non esiste. Io dentro di me provo tanta rabbia,
non mi sono arreso, non mi voglio arrendere. Lo
guardo ancora, come se col mio sguardo lo potessi
scuotere, ma è inutile. Non mi vede nemmeno.
La sua agguerrività, la sua rabbia, la sua decisione,
sembrano scomparse. Dopo un pò, come se questo gli
costasse chissà quale fatica, lentamente alza lo sguardo
verso di me e guardandomi, scuote la testa.
E' finita !!! Il nostro cammino finisce qua!!! Il sogno si
ferma ai 4400 m della "Capanna Vallot".


Io ancora non voglio cedere. Cerco di spronare i
miei compagni a proseguire. Mi sento invaso da
una sorta di follia che non mi fa ragionare
lucidamente. Mi alzo ed esco fuori. Subito mi
assale un vento gelido furioso che mi copre
immediatamente di nevischio. Faccio qualche
metro e cerco con lo sguardo di oltrepassare la
nebbia. Disperatamente ordino al tempo di
cambiare. Naturalmente non succede niente.
Anzi qualcosa succede!!! Forse il grande vecchio
si impietosisce, forse un pizzico di fortuna, non lo so.
Sta di fatto che per alcuni istanti si squarcia il muro
di nebbia e ai miei occhi appaiono le due creste
finali e la vetta. Bellissime...maestose...superbe.
Talmente vicine che potrei quasi toccarle con mano.
Sembrano un miraggio... e come un miraggio poco
dopo scompaiono. Rimango li a occhi sgranati per
qualche tempo, incurante del freddo e del vento.
Cerco di scorgerle ancora ma ciò che vedono i
miei occhi è solo nebbia.


Con lo sguardo ancora incollato in direzione
della vetta, mormoro un "grazie" e lo affido ai
sibili del vento. I miei piedi non hanno potuto
percorrere quelle soavi linee di cresta sopra
l'infinito, ma almeno i miei occhi , anche se
per pochi istanti, si sono deliziati alla vista
della sublime vetta.


Rientro nella capanna. Dentro siamo rimasti noi
e una cordata di ragazzi ceki. Scambiamo qualche
parola e appena pronti decidiamo di scendere.
Fuori il tempo è peggiorato ulteriormente. Non
si vede a un metro e il vento cancella le nostre
impronte man mano che passiamo. Scendiamo per
circa 100 m nel nulla, non vediamo niente. Allora
ci fermiamo per consultarci. Questo è un punto molto
pericoloso, il rischio di perdersi è notevole con
questa visibilità e non ce la sentiamo di continuare.
In questo punto alcune settimane fa, hanno perso
la vita due alpinisti francesi che per il maltempo si
erano persi e la notte li aveva sorpresi purtroppo
con conseguenze tragiche. Allora decidiamo di
tornare di nuovo alla capanna. Almeno li siamo
al coperto e anche se corriamo il rischio di restarci
la notte e anche il giorno dopo, visto che la domenica
porta di nuovo brutto, almeno non rischiamo la vita.
Alla capanna ritroviamo la cordata ceka. Discutiamo
un pò ed ecco che arriva una cordata francese che
aveva tentato la vetta. Sono mezzo congelati. Ci dicono
che lassù c'è una grossa bufera molto più brutta di
quella che c'è qua. Riconosciamo in uno di loro una
guida. Quando vediamo che stanno per scendere, gli
chiediamo se possiamo unirci a loro. Cosi ce ne
scendamo assieme. Solo una guida esperta e con
una grossa esperienza, poteva seguire l'inesistente
sentiero. A proseguire da soli ci rendiamo conto che
non ce l'avremmo fatta. Saremmo andati incontro
a morte certa. Infatti anche la guida stessa, in alcuni
punti ha trovato molte difficoltà.
Dopo una lunga discesa nella totale invisibilità, alla
base del "Dome", la nebbia si dirada e possiamo
percorrere l'ultimo tratto liberamente, aprofittandone
per ammirare gli stupendi panorami e per scattare
qualche foto. Al rifugio ci fermiamo giusto il tempo
di mandar giù un the caldo e per ringraziare la guida
e subito ripartiamo.


La discesa della parete del Gouter non comporta
grandi difficoltà. La discendiamoin silenzio ognuno
immerso nei suoi pensieri e con lo spirito totalmente
diverso da quando l'abbiamo salita. Io penso alla
nostra avventura e ragionando con calma mi rendo
conto che abbiamo sfiorato un grande traguardo.
Salire sul Monte Bianco da soli, senza guida, non è
cosa di tutti i giorni...non è cosa di tutti!!!
E la cosa che dentro mi brucia di più è che ce
l'avremmo fatta. Eravamo fisicamente a posto, decisi
e forti. Ci trovavamo in quello stato di esaltazione ed
euforia che sentivamo di non avere limiti. Ci ha fermato
il tempo.... solo il tempo. E la sfortuna!!!!
Passato il "Grand Coloir" facciamo una capatina
al "Tete Rousse" e subito ci avviamo sul sentiero
che porta al "Nid D'Aigle" dove ariviamo in tempo
per prendere il trenino e la successiva funivia...
ma questa è storia normale.

EPILOGO:

La cameriera del locale (con la quale abbiamo
stretto un pò di confidenza), quando gli chiediamo
se possiamo avere un altro primo, dopo aver
consumato antipasto, primo e secondo, ci guarda
con occhi strabiliati e ci risponde con il suo accento
valdostano: " è meglio aprire un mutuo piuttosto che
invitare a cena tipacci come voi" !!!
Siamo seduti in un ristorante ad Aosta. Stanchi,
affamati ma felici. Anche se con un pizzico di
delusione e rabbia. Siamo vivi. Siamo reduci da
una grande impresa. Consapevoli della nostra forza
e della nostra umiltà. Ci ha fermato solo il tempo.
Stiamo festeggiando una vittoria. Stiamo festeggiando
il nostro rientro a casa sani e salvi.Con un bicchiere
di vino in mano (l'ultimo di una lunga serie) e ridendo
di buon gusto, le rispondiamo: " SIGNORA...STIAMO
VENENDO
DAL MONTE BIANCO"!!!!!



4 commenti:

Roberto Angelo Motta ha detto...

Siete stati GRANDI lo stesso, sarà per la prossima volta...bello lo scenario, bellissime foto, bello tutto Fra, complimenti a tutti...bello tutto tranne voi eh non fatevi illusioni...ahahahahah
un forte abbraccio

falcotrek ha detto...

Per come la vedo io, bella storia di passione ed amicizie (anche se con un po' di amaro): come sempre però ne viene fuori che quello che conta non è la meta ma il cammino. Qualcuno ha detto che "in montagna l'imperativo non è la vetta ma è tornare a casa": credo che questa esperienza alpina possa ben essere considerata più di una vetta e più di un sogno a metà
Complimenti a tutti (e togliete quella bandana gialla dalla testa del signor Max)
ci si vede quanto prima
P.

B&B Cantine Franco ha detto...

Questo è il post più bello che hai scritto! E non importa com'è finita , e non importa se dovevo essere dei vostri, e non importa se rimane un pò di amaro in bocca. A scrivere è stato il tuo cuore... I grandi alpinisti sono coloro che ritornano a casa!
Un Fortissimo abbraccio
P.S. Ti sei divertito domenica eh?!?!...pure io!
U LUPU

Pollinofantastico ha detto...

Il tuo racconto carico di emozioni ha rinnovato in me la voglia di riprovarci(anch'io sono reduce da un tentativo nel 2008 e uno al Cervino nel 2009 sempre causa meteo).Le cose non possono sempre girare per il verso sbagliato,però in queste cose ciò che deve guidarci principalmente dev'essere la ragione perchè a volte le montagne sono come le sirene di Ulisse,con il loro richiamo magnetico che può rivelarsi mortale.Voglio conquistare il "Gigante" ma voglio poterlo raccontare il giorno dopo.Non dimentico mai le parole di Marco,una guide del Cervino che mi ha detto:"il miglior alpinista è quello che porta a casa la pelle".Vedrai,con un pizzico di pazienza in più e meno frenesia realizzeremo il "Sogno".
Un abbraccio immenso a te a Max,Peppe e il Biondo