martedì 16 novembre 2010

*** I COLORI DEL POLLINELLO ***



Un cielo azzurro dentro cui spicca ogni tanto il bianco di qualche
nuvola e i raggi del sole che riscaldano questa bella giornata
di Tutti I Santi, mi accompagnano mentre mi inoltro nella
pineta assieme a Massimo, Giuseppe, Valeriano, Salvatore e Imma
per guadagnare la cresta che ci porterà prima
alle pendici e poi sulla vetta del Pollinello.

.

L'aria è calda, una leggera brezzolina ogni tanto mi scompiglia

i capelli e muove gli aghi dei pini facendone cadere qualcuno.

Sento l'odore della terra che sa di muschio e di funghi.

Davanti a me, in alto, maestose, si levano le pareti del Pollinello.

Il mio sguardo spazia da un lato all'altro e rimango estasiato

nel vedere la miriade di colori del bosco.

Uno spettacolo mozzafiato.

In alto i pini, che si distinguono fra loro per

le diverse tonalità di verde.


Più in basso le faggete formano un variopinto e idilliaco mosaico.
Le foglie, prossime alla caduta, assumono le più disparate
colorazioni che vanno da giallo al verde, dall'arancio al rosso,
dal marrone al viola.
Guardo la boscaglia quasi a bocca aperta.
E' come se vedessi un grande dipinto in cui il pittore si è
divertito a usare un'infinità di colori.
E' tutto cosi perfetto... è tutto cosi bello.
Rimarrei qua seduto a godermi questa meraviglia per giorni.

Raggiunta la cresta iniziamo a salirla e qua purtroppo si vede
la mano brutale dell'animale più insensibile e cattivo
che cammina su questa terra : L'UOMO.
Il sentiero prosegue su una landa desolata che presenta le
innumerevoli ferite che la montagna ha subito per mano di
qualche infame e cretino.
Il nero del fuoco che ha divorato larghi tratti di questo favoloso
lembo del parco, ancora si può leggere sulla cruda terra, cosi
come gli alberi bruciati, caduti a terra , sembrano residui
di una qualche calamità.
Tra i rovi, fuoriescono dal terreno gli spuntoni anneriti dal
fuoco, i quali come tante dita protese al cielo, urlano
l'obbrobrio che hanno subito.


Finalmente arriviamo dove la foresta è viva. I suoi colori
ci avvolgono e i suoi profumi inebriano i miei sensi.
La terra ci offre anche qualche fungo.
Continuamo a salire e arriviamo ai piedi delle pareti.
Alte orgogliose e inaccessibili ci guardano quasi con sospetto.


Io mi soffermo a osservarle con l'occhio ormai da scalatore.
Cerco di inviduare possibili vie per poterle risalire,

cerco di capire come poterle affrontare .
Mentre le aggiriamo sulla sinistra il mio sguardo spazia
a 360° e mi sazio di tutte le sublimi visioni che si offrono
ai miei occhi.




Continuo a camminare tenendo d'occhio le pareti e all'improvviso
lo sento...lo sento sempre più forte...il richiamo della roccia.
Mi avvicino e la tocco...sembra viva ...sembra invitarmi
a scalarla.
Io mi sento strano, ho voglia di roccia, ho voglia di arrampicare.
Continuo a guardare in alto ma ciò che vedo sono solo dei
solitari pini loricati che spuntano in modo quasi assurdo
dalla parete.

Com'è perfetta la natura. Come sa dare forza alle creature
che ne hanno bisogno e dolcezza alle altre.
I pini loricati mi hanno sempre affascinato proprio per la loro
forza e la loro resistenza.
Essi nascono in condizioni e in posti estremi e nonostante
il freddo il gelo e la furia dei venti, resistono, si piegano assumendo
le più strane sembianze , ma non si arrendono.
Ammiro la loro forza...ammiro la loro purezza.



Dopo aver superato un paio di grandi ghiaioni, mi avvicino di
nuovo alla parete, perchè mi sembra di aver notato un piccolo
varco .
Poso le mani sulla roccia e non so resistere.
Inizio a salire pian piano e mi sento subito più forte, più vivo.



Continuamo a salire e superato un altro ghiaione arriviamo
al punto dove qualche anno fa precipitò un alpinista
tedesco.
Guardo la parete e penso che la montagna cosi come il destino
di ognuno di noi è imprevedibile.
E a volte crudele...
Mi faccio il segno della croce e alzando gli occhi al cielo
recito una muta preghiera.

Siamo quasi arrivati all'ultimo tratto di sentiero
molto ripido che si inerpica dentro
un irto e difficile canalone.
Superato un primo salto, mentre gli altri girano a
sinistra, intravedo un passaggio quasi in verticale che
sale diritto tra rocce e alberi.
Mi attira...mi chiama...non so resistergli.
Non so perchè a volte faccio di queste cose, non riesco
a spiegarmelo.
La ragione mi dice che non devo farle. Sono cosciente del
pericolo, però c'è un parte di me che mi spinge a rischiare.
E questa cosa non mi piace.
Infatti mentre mi arrampico fra le rocce con la via
che diventa sempre più ripida, una pietra cede e mi prendo
la mia buona dose di paura perchè solo la
prontezza di riflessi e l'altro appiglio solido, mi impediscono
di volare giù.
Con il respiro affannoso e i sudori freddi guardo sotto di me
e vedo che Giuseppe mi sta seguendo , guardo la sua
espressione e capisco che anche lui ha avuto paura per me.


Finalmente l'arrampicata finisce e tutti e due arriviamo
sul terreno solido.
La stanchezza e l'adrenalina ci fanno capire che non
è stata per niente facile.

Arrivati in vetta ci concediamo una pausa per poter rifocillarci
e scattare qualche foto.
Qualcuno si rilassa nel bosco con un pò di "Foliage",
qualcun'altro raccogliendo qualche fungo.


Da quassù lo spettacolo è grandioso.
Di fronte a noi in alto, Il Pollino e il Dolcedorme, un pò più sotto
sella del Pollino con il Patriarca che svetta fra tutti gli
altri alberi.
A destra gli irti pendii di Celsa Bianca e del Crestone dei Loricati.
Sotto di noi i colori del Bosco e tutti i favolosi paesaggi
che si offrono alla nostra vista.

Mentre scendiamo i nostri discorsi sono tutti imperniati
sulle possibili vie invernali da fare su questo versante e
con la mente abbiamo già i ramponi ai piedi e una piccozza
in mano.
Percorrendo il panoramico e bellissimo sentiero , scavato quasi
nella roccia, che porta a Valle Piana, passiamo dal punto dove
persero la vita quattro aviatori tedeschi precipitati col
loro velivolo.
Qui una croce di legno è stata posata a loro ricordo.
Purtroppo qualche imbecille di turno ha disegnato su una
roccia a fianco una svastica, che cerchiamo prontamente
di far sparire.


Con passo veloce scendiamo di quota e dopo aver attraversato il bosco
guadagnamo la cresta che ci permette di raggiungere il
punto di partenza prima che le ombre della notte ci sorprendano
ancora sul pendio.


Sotto gli occhi del Pollinello, un abbraccio conclude la bella
escursione di oggi, anzi quasi conclude perchè una
bella birra alla spina ghiacciata ci sta aspettando al solito
bar naturalmente contorniata di patatine noccioline ecc. ecc.

2 commenti:

Turi ha detto...

Ohi Frà mi hai fatto letteralmente " grizzare le carni". Ho rivisto quei posti ed ho rivisto noi salire, in un battito del cuore, tra le meraviglie d'autunno.... Bella...davvero bella!
Mi fa piacere che hai iniziato a scrivere. Ah, e così io sarei lo zoppo!!!
P.S.: vai sul mio blog....Imma ha montato il video!

Roberto Angelo Motta ha detto...

Tutto così bello in posti per me familiari. Ho seguito con trepidazione la tua salita, il Pollinello da sotto non scherza. Bella scalata, bell'amicizia, bella giornata vissuta sempre con l'entusiasmo e il sentimento di sempre.
Un abbraccio Frà...a presto.
Nuwanda